Bozza di dichiarazione di emergenza climatica

OGGETTO: dichiarazione di emergenza a tutela del diritto umano al clima

L’anno duemiladiciannove, il giorno del mese di …. , alle ore

ecc…

Il CONSIGLIO COMUNALE

PREMESSO che

– migliaia di Cittadini italiani stanno sottoscrivendo in numero crescente la petizione, aperta sulla piattaforma on line “www.petizioni.com” e intitolata “Dichiarazione emergenza climatica”, contenente la richiesta, rivolta al Governo italiano ma anche alle Regioni e ai Comuni italiani, di “dichiarare lo stato di emergenza climatica” attraverso la elencazione di sei punti di impegno politico e istituzionale di contrasto al fenomeno antropogenico dei cambiamenti climatici,

– numerose analoghe sollecitazioni sono pervenute da associazioni e movimenti operanti sul territorio,

CONSTATATO che

– la citata petizione nazionale e le iniziative locali manifestano una istanza emergente a livello globale come invito cittadino alla mobilitazione comune per la lotta ai cambiamenti climatici,

– che tale lotta ai cambiamenti climatici individua uno specifico obbligo globale, riguardante l’intera comunità mondiale di enti e persone pubbliche e private, fatto proprio dall’ONU con la definizione n. 13 dei c.d. SDGs (United Nations Sustainable Development Goals) del 2015, da realizzare entro il 2030,

– numerose Città del mondo hanno deliberato di dichiarare la “emergenza climatica”, quale premessa di riconoscimento e appoggio a tale mobilitazione comune,

– persino Stati e intere comunità territoriali, come Regno Unito, Scozia e Irlanda, hanno dichiarato l’ “emergenza climatica”,

– il crescente numero di tali mobilitazioni cittadine e istituzionali a livello globale è costantemente documentato e censito dalla piattaforma on line “Cedamia” (“Climate Emergency Declaration and Mobilisation in Action”),

– tale mobilitazione cittadina e istituzionale globale si aggiunge alle iniziative degli Studenti e dei Docenti di Scuola e Università di tutto il mondo, note come “Friday for Future”,

RILEVATO che

– anche il Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ha più volte sottolineato l’emergenza e l’urgenza della lotta ai cambiamenti climatici, sottoscrivendo persino un documento, congiunto con altri quattordici Capi di Stato, in cui si riconosce che “il cambiamento climatico è la sfida chiave del nostro tempo”,

CONSIDERATO che

– l’art. 117 comma 1 della Costituzione italiana sottopone la potestà legislativa italiana al “rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”,

– in forza degli articoli 117 e 118 della Costituzione italiana, il rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali si estende a qualsiasi altro ente territoriale dello Stato, compresi i Comuni,

– i Comuni devono altresì favorire “l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”, in ossequio all’art. 118 ultimo comma della Costituzione italiana,

– tra i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali rientrano l’art. 6 del Trattato dell’Unione europea, sulla tutela dei diritti fondamentali nella Unione europea (compreso quello all’ambiente di cui all’art. 37 della Carta dei diritti fondamentali della Unione europea) e la Convenzione europea dei diritti umani (in particolare gli articoli 2 e 8 di tale Convenzione),

– tra i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario rientra altresì l’art. 114 del Trattato di funzionamento della Unione europea, in base al quale la “protezione dell’ambiente … [in Europa] si basa su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici”, e su più forti tutele quando “fondate su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell’ambiente”,

– i vincoli dei Trattati europei e della citata Convenzione europea sui diritti umani non possono in alcun modo essere disattesi o derogati da enti interni allo Stato, in ragione, tra l’altro, delle regole generali contenute negli articoli 5, 26, 27 e 29 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati del 1969,

– tali regole della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati impongono alle istituzioni interne allo Stato, compresi i Comuni, di rispettare qualsiasi altro Trattato internazionale, compresi, per lo specifico ambito della tutela contro i cambiamenti climatici, la Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (la UNFCCC del 1992), la Convenzione di Aarhus sui pilastri della c.d. “democrazia ambientale” del 1998, l’Accordo di Parigi sul clima del 2015, tutti vincolanti per lo Stato italiano,

PRESO ATTO che

– proprio in base all’Accordo di Parigi del 2015 sul clima, gli Stati sottoscrittori, compresa l’Italia, hanno fatto propria, e assunto a parametro normativo universale di lotta ai cambiamenti climatici,

l’acquisizione scientifica secondo cui il riscaldamento globale del pianeta e l’aumento di emissioni di CO 2 sono fenomeni da imputare all’azione umana di produzione e consumo di energia fossile, tanto pubblica quanto privata, identificando dunque il cambiamento climatico come questione di responsabilità e non di semplice accidentalità emergente da eventi naturali,

– la responsabilità umana, pubblica e privata, sui cambiamenti climatici è dunque affermata a livello normativo internazionale, nonostante i c.d. “negazionismi climatici”, tutti disconosciuti dai Trattati sottoscritti,

– sempre l’Accordo di Parigi del 2015 sul clima, fissando l’obiettivo di risultato del contenimento dell’aumento delle temperature tra l’1,5 e i 2 gradi C, definisce contemporaneamente una soglia quantitativa e un obbligo di risultato, funzionali a scongiurare la ulteriore regressione climatica globale,

– tale obbligo di risultato si presenta infungibile e irrinunciabile, dunque non negoziabile nè bilanciabile,

– nell’Accordo di Parigi del 2015 sul clima sono altresì definite le modalità operative per adempiere agli obblighi di risultato, attraverso le azioni di “mitigazione”, “adattamento”, “resilienza”, “non regressione”(articoli 2, 3, 4.2, 4.11, 7),

– tali modalità e tali risultati sono conformi anche alla Risoluzione del Parlamento europeo, già votata all’unanimità il 29 settembre 2011, specificamente al paragrafo 97,

NELLA CONSAPEVOLEZZA che

– il Preambolo dell’Accordo di Parigi del 2015 sul clima definisce il cambiamento climatico “preoccupazione comune dell’umanità”, quindi elemento determinante di qualsiasi relazione giuridica tra Stati e Cittadini, di cui farsi carico considerando, rispettando e promuovendo i diritti umani previsti in tutti i Trattati e le Convenzioni internazionali sottoscritti dagli Stati,

– tale Preambolo è parte costitutiva degli impegni internazionali degli Stati, ai sensi dell’art. 31 della citata Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati, in quanto concorre alla interpretazione dell’Accordo di Parigi “in buona fede in base al senso comune da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto ed alla luce dei suo oggetto e del suo scopo”,

– sempre in forza del citato art. 31 della Convenzione di Vienna, il “contesto” dell’Accordo di Parigi comprende, oltre a testo, Preambolo e allegati inclusi, anche “ogni accordo relativo al trattato e che sia intervenuto tra tutte le parti in occasione della sua conclusione” nonchè “ogni strumento disposto da una o più parti in occasione della conclusione del trattato ed accettato dalle altre parti in quanto strumento relativo al trattato”,

– tra gli “accordi” e gli “strumenti” disposti dagli Stati in occasione dell’Accordo di Parigi sul clima del 2015 si annovera il mandato al “Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici” (IPCC) dell’ONU di redigere un “Rapporto speciale” sui cambiamenti climatici, da pubblicare entro la fine del 2018, per la definizione dettagliata dei tempi e delle modalità di effettivo conseguimento degli obblighi di risultato concordati a Parigi,

– tale “Rapporto speciale” è stato reso pubblico nell’ottobre 2018,

– tale “Rapporto speciale” ha definito, oltre ogni ragionevole dubbio scientifico, sia la responsabilità delle risorse energetiche fossili come causa principale dei cambiamenti climatici sia la soglia massima di innalzamento della temperatura globale del pianeta entro comunque l’1,5 gradi C, sia il termine ultimo di intervento efficace di risultato della lotta ai cambiamenti climatici entro il 2030, per non incorrere nel c.d. “punto di non ritorno” del controllo umano sulle dinamiche climatiche, sia la necessità di abbandonare in ogni caso le fonti energetiche fossili,

RITENUTO che

– il rispetto, da parte di un Comune, dell’art. 31 della Convenzione di Vienna sui Trattati nell’interpretare i vincoli internazionali dello Stato italiano in tema di lotta ai cambiamenti climatici, debba consistere nel garantire e promuovere, nelle forme e nei modi previsti dall’art. 118 della Costituzione italiana, il conseguimento degli obblighi di risultato, secondo i metodi, le azioni e i tempi indicati dall’Accordo di Parigi nel “contesto” del “Rapporto speciale” 2018 dell’IPCC, in quanto entrambi giuridicamente vincolanti per previsione di quell’art. 31,

– tale azione del Comune risponde alla “preoccupazione comune dell’umanità” sui cambiamenti climatici, sancita dall’Accordo di Parigi del 2015,

– tale “preoccupazione comune dell’umanità” si traduce in un dovere di difesa dei diritti umani, in coerenza con la “Dichiarazione delle Nazione Unite sui difensori dei diritti umani”, adottata con Risoluzione n. 53/144 dell’Assemblea generale nel 1999, e in particolare con l’art. 1 (“Tutti hanno il diritto, individualmente ed in associazione con altri, di promuovere e lottare per la protezione e la realizzazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali a livello nazionale ed internazionale”), art. 3 (“Il diritto interno coerente con la Carta delle Nazioni Unite e con gli altri obblighi internazionali dello Stato nel campo dei diritti umani e delle libertà fondamentali costituisce la cornice giuridica al cui interno le libertà fondamentali e i diritti umani devono essere attuati e goduti ed al cui interno le attività per la promozione, la protezione e l’effettiva realizzazione dei diritti e libertà di cui alla presente Dichiarazione devono essere condotte”), art. 4 (“Nulla nella presente dichiarazione deve essere interpretato in modo da danneggiare o contraddire i fini e i principi della Carta delle Nazioni Unite o da restringere o derogare le norme della Dichiarazione universale dei diritti umani, dei Patti internazionali sui diritti umani e degli altri strumenti ed impegni internazionali applicabili in questo campo”), art. 10 (“Nessuno deve partecipare, con atti o omissioni, alla violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali”),

– tale difesa dei diritti umani riguarda anche il diritto umano all’ambiente salubre e allo sviluppo sostenibile nel rispetto delle presenti come delle future generazioni, così come desumibile da innumerevoli fonti internazionali, mai contestate o disconosciute dallo Stato italiano, quali gli articoli 25.1 e 29.2 della “Dichiarazione universale dei diritti umani” dell’ONU del 1948, il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali dell’ONU del 1966 (i cui obblighi di protezione e promozione incombono tanto sugli Stati quanto su individui e altri soggetti pubblici e privati, in base alle Risoluzioni AG ONU 32/130 del 16 dicembre 1977 e 41/117 del 4 dicembre 1986), la “Dichiarazione sul diritto allo sviluppo”, adottata dall’Assemblea generale dell’ONU nel 1986 (Risoluzione 41/128), rinforzata in occasione della Conferenza mondiale sui diritti umani (WCHR) di Vienna del 1993, il cui art. 1.8 dichiara che “la democrazia, lo sviluppo e il rispetto dei

diritti umani e delle libertà fondamentali sono interdipendenti e si rafforzano a vicenda”, la Risoluzione dell’UNHRC 31/8 2016, il Rapporto OHCHR “on Climate Change and Human Rights” (UN Doc A/HRC/10/61 2009), i Rapporti del Relatore speciale Professor John Knox, nominato dal Consiglio dei diritti umani dell’ONU del 2012 (A/HRC/22/43, A/HRC/31/52), il Report dell’UNEP (il Programma per la protezione dell’ambiente dell’ONU) pubblicato nel 2017 con le apposite linee di azione, intitolate “Promoting Greater Protection for Environmental Defenders”,

VISTI

– il Decreto legislativo n. 152/2006, nelle seguenti disposizioni

art. 2, dove si sancisce che “il presente decreto legislativo ha come obiettivo primario la promozione dei livelli di qualità della vita umana, da realizzare attraverso la salvaguardia e il miglioramento delle condizioni dell’ambiente e l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali”, tra l’altro nell’esplicito richiamo agli articoli 2, 3, 9, 32, 41, 42 e 44, 117 commi 1 e 3 della Costituzione, art. 3-ter, secondo cui “la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell’azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonchè al principio “chi inquina paga””,

art. 3-quater, per il quale “ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future “,

– l’Opinione consultiva dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, dell’8 luglio del 1996, che qualifica l’ambiente, per gli obblighi internazionali di tutti gli Stati, “non un’astrazione, ma lo spazio in cui vivono gli esseri umani e da cui dipendono la salute e la qualità della vita delle presenti e future generazioni”,

– i Rapporti scientifici della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), della Lancet Commission, della “Carta di Roma” dell’Istituto Superiore della Sanità, dell’ISDE, in merito agli effetti negativi e irreversibili dei cambiamenti climatici sulla salute delle persone e soprattutto delle giovani generazioni e di quelle future,

FACENDO PROPRIE

– tutta la giurisprudenza italiana che declina il diritto all’ambiente con la salute individuale e collettiva, delle presenti come delle future generazioni (dalla Corte di Cassazione n. 5172/1979 che ha riconosciuto l’ambiente, in virtù del combinato disposto degli articoli 2 e 32 della Costituzione, in un “contenuto di socialità e di sicurezza tale da determinare l’emersione di un vero e proprio diritto all’ambiente salubre, come diritto fondamentale della persona umana”, alla sentenza della Corte costituzionale n. 210/1987, in base alla quale “tutela dell’ambiente” è sinonimo di “miglioramento delle condizioni naturali (aria, acque, suolo e territorio in tutte le sue componenti)”, comprensive della “persona umana in tutte le sue estrinsecazioni”),

– la regola europea per cui in Europa “la salute e la vita delle persone occupano il primo posto” (sentenza “Ortscheit” della Corte di Giustizia europea, causa C-320/93 punto 16, e successive cause C-434/02 punto 58, e C-2010/03 punto 60),

– la giurisprudenza italiana di legittimità, che attribuisce anche agli enti, come i Comuni, obblighi di adempimento e protezione a tutela della salute e dell’ambiente (Corte di Cassazione SS.UU. Civ. n. 7318/1991, Sez. III civ. n. 9893/2000 ecc.),

DATO che

– la Corte Costituzionale italiana, con la sentenza n. 282/ 2002, ha chiarito che, in materia di tutela della salute, “l’elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali” (spettante agli “organi tecnico scientifici”) prevale sulla “pura discrezionalità politica dello stesso legislatore”, mentre, con la sentenza n. 116/ 2006, ha aggiunto che “l’imposizione di limiti all’esercizio della libertà di iniziativa economica, sulla base dei principi di prevenzione e precauzione nell’interesse dell’ambiente e della salute umana, può essere giustificata costituzionalmente solo sulla base di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi, di norma nazionali o sovranazionali, a ciò deputati, dato l’essenziale rilievo che, a questi fini, rivestono gli organi tecnico scientifici”,

– anche la Corte di Giustizia europea, nella decisione 9 settembre 2003 in causa C-236/01, ha affermato che l’adozione di misure precauzionali opera “sulla base dei dati scientifici disponibili che risultano maggiormente affidabili e dei risultati più recenti della ricerca internazionale, che l’attuazione di tali misure è necessaria”, al fine di evitare pericoli per la salute umana,

– analoga giurisprudenza è stata prodotta dalla Corte europea dei diritti umani (da ultimo, con la c.d. “Sentenza Cordella” del 2019),

– le conoscenze scientifiche rese evidenti da organismi internazionali e nazionali accreditati, come l’IPCC dell’ONU, l’OMS, l’ISS, l’ISDE, assumono quindi rilievo di limite normativo della discrezionalità politica, in quanto frutto delle “verifiche” scientifiche richieste dalla giurisprudenza italiana a tutela del diritto alla salute e all’ambiente salubre, nella specifica espressione del diritto umano al clima,

VERIFICATO che

– gli obblighi di risultato dell’Accordo di Parigi del 2015 sulla lotta ai cambiamenti climatici coincidono con gli obiettivi ONU dei citati SDGs (United Nations Sustainable Development Goals) del 2015, di cui al n. 3 (salute e benessere), n. 7 (accesso di tutti all’energia sostenibile), n. 8 (crescita inclusiva e sostenibile), n. 9 (industrializzazione sostenibile), n. 11 (città sostenibili), n. 12 (modelli di produzione e consumo sostenibile), n. 13 (promuovere azioni contro i cambiamenti climatici), n. 14 (tutelare il mare e le acque), n. 15 (preservare e ripristinare la sostenibilità degli ecosistemi), n. 17 (rinnovare il partenariato mondiale sullo sviluppo sostenibile),

– il termine di conseguimento degli obiettivi dell’ONU è il 2030,

– il 2030 è anche il termine ultimo indicato dal citato “Rapporto speciale” 2018 dell’IPCC dell’ONU, per scongiurare il “punto di non ritorno” nella lotta ai cambiamenti climatici,

– inoltre, i contenuti di azione del “Rapporto speciale” 2018 dell’IPCC mirano tutti a garantire all’umanità gli specifici obiettivi n. 7 e 8 dei SDGs dell’ONU, ovvero il diritto all’accesso all’energia sostenibile e pulita e il diritto alla crescita inclusiva e sostenibile, attraverso l’abbandono dei processi energetici a combustione fossile,

DESUMENDO pertanto che

– il diritto umano alla salute e all’ambiente salubre comprende ormai anche il diritto dei cittadini a pretendere che il proprio Stato realizzi la lotta ai cambiamenti climatici nella concretizzazione effettiva, entro il 2030, degli obiettivi nn. 3, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 15, 17 dei SDGs dell’ONU, adempiendo rigorosamente agli obblighi di risultato di non superamento dell’ 1,5 gradi C e alle modalità di azione designate dall’Accordo di Parigi del 2015 e dal “Report speciale” 2018 dell’IPCC,

– alla luce dei contenuti del “Report speciale” 2018 dell’IPCC, tale pretesa dei cittadini realizza un vero e proprio diritto umano al clima, nel duplice significato di un diritto, delle presenti e future generazioni, a una salute non ulteriormente compromessa dalle risorse energetiche fossili e dai cambiamenti climatici da esse prodotte, nonchè un diritto, delle presenti e future generazioni, a un ambiente “salubre” in quanto definitivamente libero dall’energia fossile climalterante e per un futuro non compromesso ed escludente,

NELLA CONSIDERAZIONE che

– il Governo italiano non riconosce nè menziona in alcun proprio documento, neppure di contenuto programmatico, la priorità della tutela del diritto umano al clima, nella duplice declinazione di salute umana e salubrità ambientale definitivamente liberate e libere dai condizionamenti climalteranti e devastanti dell’energia fossile,

– nessun documento e nessuna azione del Governo italiano spiega come concretizzare congiuntamente gli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015 e quelli dei SDGs dell’ONU entro il 2030, senza ulteriormente compromettere il diritto umano al clima,

– al contrario, il Governo italiano ha manifestamente dimostrato di non voler accelerare le proprie azioni di lotta ai cambiamenti climatici, continuando ad avallare diverse opere persistentemente fossili e climalteranti,

– il Governo non detiene nè ha mai detenuto studi, evidenze scientifiche, informazioni e rilevazioni di qualsiasi natura o entità che dimostrino l’utilità climatica delle nuove opere fossili e climalteranti in via di realizzazione o programmate in Italia, così privando i propri Cittadini di un altro diritto fondamentale tutelato a livello internazionale (a partire dalla Convenzione di Aarhus), quello ad essere informati su come si stiano effettivamente conseguendo gli obiettivi di risultato dell’Accordo di Parigi del 2015, nelle le misure temporali indicate dal “Rapporto speciale” 2018 dell’IPCC entro il 2030 e in coerenza con i risultati al 2030 dei SDGs dell’ONU,

– l’azione del Governo permane lacunosa nella promozione di forme di valutazione ambientale e strategica che assumano come prioritario l’interesse pubblico alla tutela del diritto umano al clima, quale condizione indefettibile per la piena realizzazione degli impegni dell’Accordo di Parigi e dei SDGs al 2030 dell’ONU,

– pertanto, l’atteggiamento del Governo permane caratterizzato da una persistente inerzia ed elusione incostituzionali, che offendono i diritti fondamentali dei Cittadini ad essere informati sul futuro climatico del proprio Paese e il loro diritto umano al clima come condizione di salute e ambiente, liberi e liberati dall’energia fossile climalterante,

CONCLUDENDO che

– l’emergenza climatica non deriva affatto da una situazione naturale o da un evento imprevisto o imprevedibile, ma dal persistente inadempimento degli obblighi internazionali degli Stati, rispetto all’Accordo di Parigi, al “Rapporto speciale” 2018 dell’IPCC e ai SDGs al 2030 dell’ONU,

DELIBERA

1. DI DICHIARARE l’emergenza climatica per il proprio territorio, in termini di persistente violazione del diritto umano al clima dei propri Cittadini, come lesione presente e futura della loro salute e della salubrità del loro ambiente, a causa della volontà incostituzionale del Governo di non impedire nuove opere fossili e climalteranti,

2. DI FARE PROPRI i sei punti di istanze, sottoscritti dai Cittadini sulla piattaforma on line “www.petizioni.com”, con il titolo “Dichiarazione emergenza climatica”,

3. DI RICONOSCERE lesiva del diritto umano al clima qualsiasi iniziativa, pubblica o privata, che ostacoli in qualsiasi modo l’abbandono definitivo della produzione e del consumo energetico fossile,

4. DI IMPEGNARSI ad agire in tutti i modi, le sedi e le forme consentite dall’art. 118 della Costituzione italiana, affinchè la tutela del diritto umano al clima diventi il parametro dell’interesse pubblico primario, prevalente e non bilanciabile di qualsiasi azione di governo, per il pieno

conseguimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi del 2015, delle azioni temporali indicate dal “Report 2018” dell’IPCC dell’ONU, e dei SDGs dell’ONU al 2030,

5. DI APPOGGIARE tutte le iniziative cittadine di rivendicazione del diritto umano al clima,

6. DI INVITARE tutte le istituzioni territoriali, a partire dalla Regione, a promuovere Conferenze territoriali popolari, per la promozione del diritto umano al clima come interesse pubblico prioritario delle politiche energetiche del territorio,

7. DI INVITARE il Governo a riformulare tutti i propri programmi di politica energetica e ambientale in funzione della prioritaria tutela del diritto umano al clima,

8. DI ASSUMERE tutte le dichiarazioni e gli impegni della presente delibera come adempimento del dovere costituzionale di solidarietà, sancito dall’art. 2 della Costituzione, e del dovere universale di difesa dei diritti umani della presente e delle future generazioni, richiesto dalla “Dichiarazione delle Nazione Unite sui difensori dei diritti umani”,

SUCCESSIVAMENTE, con separata e unanime votazione dei presenti, la suestesa Deliberazione viene dichiarata immediatamente eseguibile, ai sensi dell’art. 234, comma 4, del D.Lgs. 267/2000.

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